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Karate Join Olympics

Il 3 Agosto 2016 resterà una data importante per la storia e lo sviluppo del Karate nell’era moderna: si è tenuta in questo giorno  a Rio de Janeiro la 129° sessione del CIO (Comitato Internazionale Olimpico) che ha decretato l’ingresso di cinque nuove discipline sportive, fra le quali il Karate, alla 32° edizione dei Giochi Olimpici che si svolgerà a Tokyo nel 2020. È questo l’epilogo di una storia lunga decine di anni. Fin dalla sua diffusione fuori dai confini giapponesi infatti, si è dibattuto sull’ammissione del Karate alle Olimpiadi e, a partire dagli anni Novanta, la sua candidatura è stata sottoposta numerose volte alla valutazione del CIO. Fino ad oggi il Karate, nonostante venga praticato in tutti e cinque i continenti da un numero considerevole di praticanti (tra i 50 e 100 milioni) e si basi su concetti di lealtà e rispetto condivisi dal movimento olimpico, non era mai stato ammesso al più famoso evento sportivo mondiale, a causa delle controversie interne al movimento sportivo stesso.

Fin dalle origini infatti, il Karate ad Okinawa veniva praticato in modo differenziato nelle varie scuole, ed ai quattro stili di riferimento (Shotokan, Wado-ryu, Goju-ryu e Shito-ryu) se ne sono affiancati, col passare degli anni, numerosissimi altri, nati dall’interpretazione di quei Maestri che hanno voluto rinominare e riadattare la tecnica da loro insegnata. Questo fenomeno ha portato alla nascita di numerosissime federazioni nazionali ed internazionali ognuna delle quali capace solo parzialmente di rappresentare la totalità dei praticanti, requisito fondamentale per l’adesione olimpica. A differenza di altri sport, le divisioni interne al movimento non sono un mero fatto organizzativo e federale ma spesso sottendono una diversa visione della pratica. Da un lato i sostenitori di un Karate sportivo promuovono fortemente la partecipazione olimpica in quanto capace di conferire la masssima visibilità e l’equiparazione con altri sport più blasonati, mentre dall’altro i più tradizionalisti non vedono di buon occhio un modello di allenamento finalizzato unicamente alla competizione agonistica poiché rischia di trasformare quella che è “un’arte” concepita per la formazione dell’individuo in un più semplice atto sportivo creato per dare spettacolo al pubblico.

Il quadriennio che ha avuto inizio sarà senza dubbio un periodo di crescita e trasformazione per l’intero movimento: il desiderio olimpico può essere un motore capace di uniformare le modalità di svolgimento delle varie competizioni creando l’occasione per momenti di collaborazione tra i migliori tecnici ed atleti con un obbiettivo ed un progetto comune. Il Karate alle Olimpiadi sarà dunque, l’occasione in cui quella parte di praticanti che si dedica all’agonismo sarà chiamata a dare la miglior visibilità possibile, con la tecnica e con lo spirito, alla profonda e complessa arte marziale che è il Karate-Do.